Sconto Tariffe di Laboratorio: Memoria difensiva dell'Avv. Maria Cristina Lenoci. Udienza fissata il 10.02.2009

Riceviamo e pubblichiamo dall’Avv. Maria Cristina Lenoci copia della memoria difensiva prodotta dal citato legale in ordine all’udienza fissata per il giorno 10.02.2009 presso la Corte Costituzionale e concernente l’applicazione dello sconto del 20% sulle tariffe di Laboratorio ai sensi dell’articolo 1 comma 796 lettera o) della Legge 296/06 (Legge Finanziaria 2007).

 

 

Sovrana Corte Costituzionale

Roma

Udienza del 10.2.2009

R.R. 231/2008

Memoria per

 

---omissis-----

 

contro

- l’Azienda Sanitaria Locale di Taranto, in persona del Direttore Generale p.t.;

- la REGIONE PUGLIA, in persona del Presidente p.t. della Giunta Regionale; nonché

- il MINISTERO DELLA SALUTE (ora Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali), in persona del Ministro p.t.,

nel giudizio di legittimità costituzionale

introdotto dal Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Roma, sezione III Quater, con sentenza n. 12978/2007 resa in data 12.12.2007, con la quale il TAR adìto -nel ricorso R.G. 3698/2007- ha sollevato la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 796, lett. o, della L. n. 296 del 27.12.2006 e dell’art. 33 L.R. Puglia n. 10/2007 (nel testo modificato dalla successiva L.R. Puglia n. 16/2007), per violazione degli artt. 24, 113, 32, 41, 97 e 117 della Costituzione, iscritta nel registro ordinanze n. 231/2008.

BREVE SINTESI DEL FATTO.

A. – Con ricorso iscritto al n. 3698 R.R. 2007, i Laboratori di analisi in epigrafe impugnavano dinanzi al TAR Lazio, Roma, sez. III Quater, la nota prot. n. 0001667/P del 6.3.2007 con cui l’ASL di Taranto, nel comunicare i tetti di spesa provvisoriamente spettanti loro per il primo trimestre 2007, aveva precisato che le prestazioni sanitarie rese in regime di accreditamento a partire dal 1° gennaio 2007 sarebbero state liquidate in base alla tariffa <<già decurtata dello sconto previsto dalla legge 27.12.2006 n. 296>>, pari al 20% della tariffa per le prestazioni di diagnostica di laboratorio ed al 2% della tariffa per le prestazioni di tutte le altre branche (cfr. nota uslina prot. n. 0001667/P del 6.3.2007 cit.). Ed ancora, che <<la quantificazione dello sconto, nelle percentuali indicate>> avrebbe dovuto essere <<determinata con riferimento alle tariffe previste per ciascuna prestazione dal decreto del Ministro della Sanità 22 luglio 1996, pubblicato nel Supplemento ordinario n. 150 alla Gazzetta Ufficiale n. 216 del 14.09.1996>> (cfr. nota uslina prot. n. 0001667/P del 6.3.2007 cit.).

B. – Tanto, in esecuzione delle direttive in tal senso impartite dall’Assessorato alle Politiche della Salute della Regione Puglia con le circolari prot. n. 24/1966 AOS/2 del 29.12.2006 e prot. n. 24/1362/S.P./A del 12.12.2006 -anch’esse oggetto del gravame dinanzi al G.A. Remittente-  di poi confluite nella pure impugnata deliberazione di G.R. Puglia n. 404 del 3.4.2007, recante le  <<Prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale erogabili nell’ambito del servizio sanitario regionale e relative tariffe>>, queste ultime, per l’appunto, calcolate in base alle disposizioni di cui al D.M. del 12.9.2006 ed all’art. 1, comma 796, lett. o, della L. n. 296/2006.

C. – Per comprendere, tuttavia, appieno i termini della res litigiosa e soprattutto per poter compiutamente e definitivamente apprezzare la rilevanza e la non manifesta infondatezza della questione di illegittimità costituzionale oggi al vaglio di codesta Suprema Corte, si ritiene opportuno ripercorrere, anche in questa sede, le “tappe” più salienti dell’iter logico giuridico “approdato” al sistema di tariffazione  di cui all’art. 1, comma 796, lett. o, del D. Lgs. n. 296/2006: per il che si auspica sin d’ora che codesta Ecc.ma Consulta non vorrà biasimare “per tedio” la deducente difesa.

C.1. - In origine fissate con D.M. Sanità 7.11.1991 in applicazione della L. 29.12.1990 n. 407 (rispettivamente recanti il primo la “Revisione del nomenclatore tariffario delle prestazioni specialistiche ambulatoriali”; la seconda, all’art. 5, comma 8, la norma che aveva demandato al Ministero della Sanità la revisione del nomenclatore tariffario delle prestazioni specialistiche erogabili a carico del S.S.N. secondo predeterminati criteri direttivi), le tariffe delle prestazioni di specialistica ambulatoriale, tra cui quindi anche quelle di diagnostica di laboratorio erogate dai ricorrenti, sono state poi determinate con il noto D.M. Sanità 22.7.1996 (c.d. “Tariffario Bindi”). Quest’ultimo adottato, a sua volta, in applicazione del  D.M. Sanità 15.4.1994 il quale, in attuazione dell’art. 8, comma 6, del D. Lgs. 30.12.1992 n. 502, individuava solo i criteri generali (e non già le tariffe) per la fissazione delle tariffe delle prestazioni di assistenza specialistica, riabilitativa ed ospedaliera, ancorando il valore tariffario al costo di produzione (principio, quest’ultimo, di poi fatto proprio anche dal legislatore con l’introduzione dell’art. 8 sexies, comma 5, del D. Lgs. n. 229/1999 di modifica ed integrazione del ricordato D. Lgs. n. 502/1992) ed imponendone l’obbligo dell’aggiornamento ogni tre anni.

C.2. - Il D.M. del 1996 è stato di poi annullato con l’altrettanto nota sentenza del Consiglio di Stato, sez. IV, 29 marzo 2001, n. 1839, nella parte in cui fissava tariffe inferiori a quelle previgenti che riprendevano dunque vigore sino alla rideteminazione delle stesse da parte dell’Amministrazione.  

C.2.1. - In detto contesto, quanto alla Regione Puglia, si sono succeduti, a partire dalla deliberazione di G.R. 27.5.1997 n. 3006, come modificata ed integrata dalla deliberazione di G.R. n. 3842 del 22.9.1998, gli atti regionali di approvazione delle tariffe regionali per le prestazioni di specialistica ambulatoriale: la DGR 22.9.1998 n. 3884; la DGR 2.3.1999, n. 141;  la DGR 20.3.1998, n. 478; la DGR 5.10.2001, n. 1392; la DGR 15.3.2004, n. 295; la DGR 4.4.2006, n. 427.   

C.3. - Malgrado l’intervenuto annullamento giurisdizionale del Tariffario Bindi abbia avuto effetto caducante, le Amministrazioni centrali dello Stato non hanno di poi provveduto ad emanare e tanto meno ad aggiornare il Nomenclatore Tariffario come invece prescritto dal ricordato D.M. Sanità 15.4.1994.

C.4. - Solo con l’art. 1, comma 170, della Legge finanziaria 2005, ovvero la L. 30.12.2004, n. 311, è stato stabilito che: <<alla determinazione delle tariffe massime per la remunerazione delle prestazioni e delle funzioni assistenziali, assunte come riferimento per la valutazione delle congruità delle risorse a disposizione del Servizio sanitario regionale, provvede, con proprio decreto, il Ministero della salute, di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze, sentite la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano. Gli importi tariffari, fissati dalle singole regioni, superiori alle tariffe massime restano a carico dei bilanci regionali. Entro il 30 marzo 2005 con decreto del Ministero della salute, di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze, sentite la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, si procede alla ricognizione all’eventuale aggiornamento delle tariffe massime, coerentemente con le risorse programmate per il Servizio sanitario nazionale. Con la medesima modalità ed i medesimi criteri si procede all’aggiornamento biennale delle tariffe massime entro il 31 dicembre di ogni secondo anno a decorrere dall’anno 2005>>.

C.5. - Cosicché, soltanto in data 12.9.2006, in assunta applicazione dell’anzidetta norma, è stato adottato il Decreto Ministeriale rubricato: <<Ricognizione e primo aggiornamento delle tariffe massime per la remunerazione delle prestazioni sanitarie>> (meglio noto come “Tariffario Turco), il quale -preme pure in questa sede precisare- in luogo di procedere alla ricognizione dei provvedimenti regionali in materia di remunerazione delle prestazioni assistenziali, nel senso voluto dall’anzidetto comma 170, seconda parte, dell’art. 1 della L. n. 311/2004, all’uopo attuando una puntuale verifica istruttoria delle variazioni dei costi di produzione in coerenza al richiamato D.M. 15.4.1994 (e per di più al dichiarato fine di aggiornare i tetti massimi di alcune tariffe, onde consentire altresì alle Regioni di promuovere la qualità e l’appropriatezza delle prestazioni erogate attraverso un sistema tariffario adeguato), pur teoricamente disponendo l’aggiornamento delle tariffe, tra cui quelle per le prestazioni di assistenza ospedaliera e di assistenza specialistica ambulatoriale, quanto a queste ultime si è invece limitato a riproporre le tariffe già individuate dal Decreto Bindi (invero annullato giudizialmente), ripristinandolo: nel che dunque di fatto si sostanzia l’operazione di ricognizione compiuta dalle Amministrazione deputate all’adozione del ridetto Decreto Turco, invero in spregio -si ribadisce- alle modalità con cui detta “ricognizione” avrebbe invece dovuto essere per quanto e come innanzi effettuata.

Stabilisce espressamente infatti l’art. 3 del D.M. 2006 che: <<in attesa della emanazione del nuovo nomenclatore tariffario delle prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale … le tariffe massime per la remunerazione delle prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale a carico del Servizio sanitario nazionale sono quelle individuate dal decreto del Ministero della sanità del 22 luglio 1996 “prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale erogabili nell’ambito del Servizio sanitario nazionale e relativa tariffe”>>. Ed ancora, che <<…a partire dalla data di entrata in vigore del presente decreto gli importi tariffari stabiliti con provvedimenti regionali e superiori alle tariffe massime di cui al comma 1 del presente articolo restano a carico dei bilanci regionali per la parte eccedente le tariffe di cui ai medesimi commi…>>.

C.6. - Appena dopo la pubblicazione del ridetto D.M., con la L. n. 296 del 27.12.2006  (alias Legge Finanziaria 2007) e, più precisamente, con l’art. 1, comma 796, lett. o,  della stessa, il Legislatore statale ha precisato che <<le strutture private accreditate, ai fini della remunerazione delle prestazioni rese per conto del Servizio sanitario nazionale, praticano uno sconto pari al 2 per cento degli importi indicati per le prestazioni specialistiche dal decreto del Ministro della sanita' 22 luglio 1996, pubblicato nel supplemento ordinario n. 150 alla Gazzetta Ufficiale n. 216 del 14 settembre 1996, e pari al 20 per cento degli importi indicati per le prestazioni di diagnostica di laboratorio dal medesimo decreto>>.

D. - E’ stato dunque in attuazione dei ridetti D.M. e Legge dello Stato che la Regione Puglia:

1) con circolare dell’Assessore alle Politiche della Salute prot. n. 24/1362/S.P./A del 12.12.2006, in ragione delle <<innovazioni ai criteri di determinazione dei limiti di remunerazione delle prestazioni sanitarie rese dagli erogatori privati>> introdotte dalla L.R. Puglia n. 26/2006 e della necessità di coordinarle con le disposizioni della Legge finanziaria 2007, ha invitato le Aziende Sanitarie a <<non procedere alla stipula di accordi aziendali secondo i criteri in vigore negli anni precedenti provvedendo a gestire i rapporti in via provvisoria e transitoria su base mensile e fino a nuove indicazioni e comunque nel rispetto dei limiti complessivi aziendali riferiti al 2006>>;

2) con successiva circolare dello stesso Assessorato prot. n. 24/11966AOS/2 del 29.12.2006, conosciuta all’esito della notifica della nota uslina del 6.3.2007 di determinazione del tetto provvisorio trimestrale 2007, ha comunicato alle AA.SS.LL. che, in considerazione della entrata in vigore della Legge finanziaria 2007, ai fini della remunerazione delle prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale a carico del S.S.N., devono applicarsi, con decorrenza dal 1° gennaio 2007 ed in assenza di ulteriore disciplina da parte della Giunta Regionale, le tariffe previste dal D.M. Sanità del 22.7.1996; successivamente

3) con ulteriore circolare del medesimo Assessorato prot. n. 24/796 del 25.1.2007, ha reso noto, anche ai Direttori Generali delle diverse AA.SS.LL., che, per effetto della pubblicazione sulla G.U. 269 del 13.12.2006 del D.M. Salute del 12.9.2006, <<ferme restando le tariffe inferiori, non sono più applicabili le tariffe regionali di prestazioni specialistiche ambulatoriali superiori>> alle tariffe massime previste nel ridetto decreto;

4) con deliberazione di G.R. n. 404 del 3.4.2007, <<atteso che non è possibile gravare il bilancio regionale con ulteriori spese rinvenienti dall’assistenza sanitaria>>, ha poi confermato le determinazioni assunte con le sopra citate circolari e, quindi, applicato le tariffe di cui al D.M. del 22.7.1996, in esecuzione del c.d. Decreto “Turco”;

5) con L.R. n. 10 del 16.4.2007, quanto alle tariffe relative alle prestazioni di laboratorio, ha di seguito stabilito che: <<… per il periodo compreso tra il 1° gennaio e la data di approvazione del DIEF di cui al comma 1 le tariffe relative alle suddette prestazioni sono quelle contenute nel nomenclatore tariffario della Regione adottato con delibera di Giunta regionale 27 maggio 1997, n. 3006 (DM 22 luglio 1996. Nomenclatore tariffario delle prestazioni specialistiche ambulatoriali erogabili dal servizio sanitario nazionale. Presa d’atto) e successive modificazioni e integrazioni, ridotte del 20 per cento>> e, conseguentemente, che <<il maggiore onere rinveniente dall’attuazione del comma 2 è posto a carico del bilancio autonomo della Regione>> (cfr. art. 33 L.R. n. 10/2007); successivamente

6) con circolare assessorile prot. n. 24/554/S/7 del 16.5.2007, premettendo che <<la legge 296/06 ha integrato le disposizioni della legge regionale disciplinando in materia di sconti sulle tariffe>> e che <<il D.M. 13.9.06 ha ridisciplinato in materia di tariffe>>, ha puntualizzato che <<i limiti di remunerazione vanno provvisoriamente ridotti in funzione di sconti e di riduzioni previsti dalle norma citata e dalla legge regionale n. 10/07>> (cfr. circ. Ass. Politiche Salute prot. n. 24/554/S/7 del 16.5.2007 cit.); per poi infine,

7) con la L.R. n. 16 del 5.6.2007, concludere che: <<fino all’emanazione dei nuovi livelli di assistenza (LEA), per il periodo compreso tra il 1° gennaio e la data di approvazione del DIEF … le tariffe relative alle suddette prestazioni>> -ovvero alle prestazioni di laboratorio- <<sono quelle riportate nel nomenclatore tariffario regionale delle prestazioni specialistiche di patologia clinica indicata nell’allegato A) della deliberazione di Giunta regionale n. 3784 del 22 settembre 1998, alle quali si applica lo sconto del 20 per cento previsto dall’articolo 1, comma 796, lettera o), della legge 27 dicembre 2006, n. 296 …>> (cfr. art. 2, comma 2 della L.R. n. 16/2007 cit.).

D. – Immediata ed energica è stata la reazione dei Laboratori in epigrafe avverso il sistema di tariffazione imposto loro da Stato, Regione ed ASL con i sopra indicati provvedimenti normativi, regolamentari ed amministrativi.

A sostegno, infatti, della illegittimità delle tariffe de quibus le suindicate Strutture hanno dunque proposto ricorso al TAR Lazio, adducendo ampie ed articolate censure, culminate con l’eccezione di illegittimità costituzionale dell’art. 1, comma 796, lett. o, della L. n. 296/2006 e dell’art. 33 della L.R. Puglia n. 10/2007, come modificato ed integrato dall’art. 2, comma 2, della L.R. n. 16/2007, per violazione degli artt. 24, 113, 32, 41, 97 e 117 della Carta Fondamentale.

E. - Doglianze, per vero, largamente condivise dal TAR Romano, al punto che quest’ultimo, con la  sentenza n. 12978/2007, ha da una parte annullato il D.M. del 12.9.2006, in uno a tutti gli atti regionali ed uslini al medesimo connessi;  dall’altra, e per quel che qui maggiormente rileva, rimesso a codesta Sovrana Corte Costituzionale la questione di legittimità costituzionale dei su menzionati articoli di legge nazionale e regionale per i motivi di seguito sintetizzati:

- <<dalla lettura>> delle disposizioni normative in argomento <<appare evidente …che il finanziamento delle prestazioni che viene determinato applicando lo sconto del 20% sulle prestazioni di laboratorio di analisi e del 2% sulle restanti branche (ed il conseguente budget per l’anno 2007) è una applicazione diretta delle norme de quo agitur>> (cfr. sentenza rimessione Corte Costituzionale TAR Lazio, Roma, sez. III Quater,  n. 12978/2007 cit.): di qui la ritenuta “rilevanza” della questioni di legittimità costituzionale di che trattasi;

- sotto il profilo della non manifesta infondatezza di quest’ultima, per il TAR Capitolino in primo luogo <<la norma rende applicabile un decreto ministeriale, quello del 22 luglio 1996, che era stato annullato, con sentenza coperta da giudicato, dal Consiglio di Stato, con decisione della IV sezione 29 marzo 2001 n. 1839>>, così evidentemente sovrapponendosi <<ad un giudicato  formatosi già da tempo con palese violazione degli artt. 24 e 113 della Costituzione>> (cfr. sentenza rimessione Corte Costituzionale, TAR Lazio, Roma, sez. III Quater, n. 12978/2007 cit.);

- in secondo luogo, a dire dello stesso Remittente, <<nel caso di specie, la tariffa viene fissata con legge e la relativa norma si limita ad imporre uno sconto (oltretutto anche del 20%) sulle tariffe vigenti, senza dare conto delle ragioni della misura fissata: risultano quindi violati anche i principi di cui all’art. 41 Cost. Tra l’altro, lo sconto viene applicato su tariffe molto risalenti (quelle statali rimontano al 1996) e ciò appare irragionevole, non potendosi dubitare del fatto che, in dieci anni, i costi dei fattori produttivi (si pensi, per tutti, alla remunerazione del personale) siano cresciuti, a volte anche sensibilmente>> (cfr. sentenza rimessione Corte Costituzionale, TAR Lazio, Roma, sez. III Quater, n. 12978/2007 cit.);

- ed ancora, <<le difficoltà che alle strutture private derivano dall’applicazione delle regole di cui all’art. 1, comma 796, lett. o) della L. n. 296/2006  sono in grado di compromettere anche la piena esplicazione del diritto di cui all’art. 32 Cost., visto che le strutture private accreditate potrebbero incontrare difficoltà a garantire la piena funzionalità dei servizi, il che, in un sistema che vede la sanità pubblica non in grado di assicurare tempestivamente l’erogazione delle prestazioni sanitarie, può compromettere il diritto alla salute e il diritto di libera scelta dei cittadini-utenti. A questo riguardo, si deve evidenziare che la presenza significativa degli operatori privati nel SSN risponde ad esigenze insopprimibili dell’Amministrazione sanitaria, la quale non riesce, con le proprie strutture, a garantire l’erogazione delle prestazioni sanitarie a favore degli utenti, per cui non si potrebbe nemmeno sostenere che le strutture private, se ritengono non convenienti le tariffe, possono “uscire” dal sistema>> (cfr. sentenza rimessione Corte Costituzionale, TAR Lazio, Roma, sez. III Quater, n. 12978/2007 cit.);

- inoltre, secondo il TAR Romano, <<la mancanza (o comunque la non allegazione) di una compiuta istruttoria dà luogo altresì ad una violazione dell’art. 97 Cost., in quanto la P.A. (e la cosa vale anche per il Legislatore-amministratore, ovviamente) deve sempre porre a base del proprio operato un’adeguata conoscenza dei fatti, della quale deve dare conto nella motivazione del provvedimento terminale. Nel caso della legge, naturalmente, la motivazione può anche consistere nel richiamo, espresso o implicito, ai lavori preparatori o ad altri atti (nella specie, però, l’istruttoria, che pure il Legislatore della L. n. 296/2006 ritiene necessaria, viene espressamente posticipata, il che dà luogo ad un’illogica inversione del procedimento)>> (cfr. sentenza rimessione Corte Costituzionale, TAR Lazio, Roma, sez. III Quater, n. 12978/2007 cit.);

- da ultimo <<il sistema delineato dall’art. 1, comma 796, lett. o) della Legge finanziaria per il 2007, si pone in contrasto con l’art. 117 Cost., nel momento in cui lo Stato non si limita a dettare i criteri per la fissazione delle tariffe da parte delle Regioni, ma le fissa direttamente>> (cfr. sentenza rimessione Corte Costituzionale, TAR Lazio, Roma, sez. III Quater, n. 12978/2007 cit.).

F. – Ciò premesso, con la presente memoria, la deducente difesa intende argomentare sulla rilevanza e sulla non manifesta infondatezza della pronuncia di rimessione del TAR Romano n. 12978/2007, anche a confutazione degli assunti avversi, ed insistere per la declaratoria di incostituzionalità dell’art. 1, comma 796, lett. o, della L. n. 296/2006 e dell’art. 33 della L.R. Puglia n. 10/2007, nel testo novellato dall’art. 2 della L.R. n. 16/2007.

SULLA RILEVANZA.

L’incidente di costituzionalità come sopra sollevato dal TAR Capitolino con la pronuncia n. 12978/2007 è incontroveritibilmente rilevante, dal momento che, come osservato dal Remittente, nella vicenda in esame non può essere apprestata alcuna tutela giurisdizionale alle posizioni giuridiche che le Strutture private transitoriamente accreditate assumono essere state lese per effetto della decurtazione delle tariffe sancita dalle disposizioni normative qui dubbiate fino a che quest’ultime restino  in vigore.

Ciò in quanto ogni qualvolta il Legislatore, assumendo le vesti di Amministratore, decide di intervenire su una determinata materia disciplinandola con leggi in luogo di provvedimenti amministrativi (ovvero le c.d. “leggi-provvedimento”), al privato portatore di diritti e/o di interessi ingiustamente e prima ancora illegittimamente compressi dalle ridette disposizioni normative è precluso l’accesso diretto alla giurisdizione ordinaria e/o amministrativa, in quanto il Giudice naturale deputato a decretare la legittimità o meno dell’esercizio espresso mediante l’intervento legislativo è solo codesta Ecc.ma Corte Costituzionale.

In altri termini, quanto al caso di specie, il Remittente, pur essendo munito della competenza giurisdizionale a decidere l’odierna controversia in quanto afferente all’imposizione di tariffe e quindi involgente l’esercizio di potere pubblicistico, non ha potuto sindacare il merito della querelle poiché dette tariffe sono state determinate con leggi-provvedimento e, più precisamente, con la L. n. 296/2006, ex art. 1, comma 796, lett.o, e con la L.R. Puglia n. 10/2007, ex art. 33, nel testo novellato dall’art. 2 della L.R. Puglia n. 16/2007.

Si è nel regime di piena applicazione dell’art. 23, II comma,  della L. 87/1953, laddove è statuito che la rimessione alla Corte è possibile solo “qualora il giudizio non possa essere definito indipendentemente dalla risoluzione della questione di legittimità costituzionale”.

Va da sé, dunque, la piena rilevanza della questione, ed anche la sua certa influenza sul processo a quo: la Corte adìta potrà uniformarsi alle proprie sentenze nn. 115, 125, 149, 180, 255 del 2001 e n. 240 del 2002, con riferimento al canone della applicabilità della norma; ed alle sentenze nn. 52, 53, 162, 213 del 1999; n. 134 e 379 del 2001 e n. 33 del 2003, con riferimento al canone della incidenza della questione di l.c..

LA  NON  MANIFESTA  INFONDATEZZA.

Le argomentazioni spese dal TAR Lazio, Roma, sez. III Quater, con la pronuncia di rimessione in esame, costituiscono adeguata traccia della non manifesta infondatezza della questione per cui è causa.

Non è del resto un caso che i profili dubbiati di legittimità costituzionale dal suindicato Remittente siano stati colti anche da altri TAR, per di più, con motivazioni analoghe a quelle rassegnate nella pronuncia in argomento (cfr. Ordinanza TAR Puglia, Lecce, sez. II, n. 27/2008, precedente alla sentenza di rimessione in epigrafe; Ordinanze TAR Calabria, Catanzaro, sez. I, n. 132/2008 e n. 133/2008; TAR Lombardia Milano, sez. III, n. 30/2008).

Il TAR Romano si misura con estrema dovizia sulla problematica hodie in esame, ponendo a codesta Sovrana Consulta numerosi interrogativi volti a chiarire, una volta per tutte:

a) i limiti delle c.d. “leggi-provvedimento” -tra cui certamente, come detto, si annoverano la L. n. 296/2006 e la L.R. Puglia n. 10/2007, ss.mm.ii. ed i cui rispettivi art. 1, comma 796, lett. o, ed art. 33 sono qui sospettati di illegittimità costituzionale- nel disciplinare questioni affrontate e decise da pronunce giurisdizionali coperte da giudicato;

b) la giusta correlazione potere legislativo/diritto della libera iniziativa economica privata  in materia di tariffazione delle prestazioni sanitarie rese a carico del SSN e, in particolare, la sussistenza o meno dell’obbligo in capo al Legislatore, sia statale che regionale, di <<dar conto delle ragioni della misura fissata>> anche a mezzo di un’adeguata attività istruttoria, a salvaguardia dell’interesse alla percezione di utili sotteso a qualsivoglia attività imprenditoriale, ivi compresa quella assistenziale privata;

c) il grado di incidenza dell’interesse pubblico al contenimento della spesa sanitaria sul diritto alla salute dei cittadini e, quindi, la recessività o meno di quest’ultimo rispetto al primo;

d) i confini della competenza legislativa statale e di quella regionale nella materia di che trattasi, a seguito della Riforma del Titolo V ex L. Cost. n. 3/2001.

In sostanza, il Tar Romano, ritenendo che non sia possibile conciliare l’art. 1, comma 796, lett. o, della L. n. 296/2006 e l’art. 33 della L.R. Puglia n. 10/2007, ss.mm.ii., con i sovraordinati principi di cui agli artt. 24, 113, 32, 41, 97 e 117 Cost., ha esercitato il potere d’impulso conferitogli dall’art. 23 della L.87/1953, manifestando con chiarezza e precisione le ragioni che hanno fatto insorgere il dubbio di costituzionalità e che qui di seguito si espongono e pienamente si avvallano.

CON RIFERIMENTO AGLI ARTT. 24 E 113 COST..

L’art. 1, comma 796, lett. o, della L. n. 296/2006 e l’art. 33 della L.R. Puglia n. 10/2007, come modificato ed integrato dall’art. 2 della L.R. Puglia n. 16/2007, prevedendo rispettivamente che: <<le strutture private accreditate, ai fini della remunerazione delle prestazioni rese per conto del Servizio sanitario nazionale, praticano uno sconto pari al 2 per cento degli importi indicati per le prestazioni specialistiche dal decreto del Ministro della sanita' 22 luglio 1996, pubblicato nel supplemento ordinario n. 150 alla Gazzetta Ufficiale n. 216 del 14 settembre 1996, e pari al 20 per cento degli importi indicati per le prestazioni di diagnostica di laboratorio dal medesimo decreto>> (art. 1, comma 796, lett. o, L. n. 296/2006 cit.), e che <<fino all’emanazione dei nuovi livelli di assistenza (LEA), per il periodo compreso tra il 1° gennaio e la data di approvazione del DIEF … le tariffe relative>> alle prestazioni di laboratorio <<sono quelle riportate nel nomenclatore tariffario regionale delle prestazioni specialistiche di patologia clinica indicata nell’allegato A) della deliberazione di Giunta regionale n. 3784 del 22 settembre 1998>>, pari a quelle individuate dal D.M. del 22.7.1996, <<alle quali si applica lo sconto del 20 per cento previsto dall’articolo 1, comma 796, lettera o), della legge 27 dicembre 2006, n. 296 …>> (art. 33 L.R. Puglia n. 10/2007, ss.mm.ii. cit.), si rivelano in assoluta distonia con i principi di cui agli artt. 24 e 113 Cost..

Ciò in quanto, le disposizioni normative in argomento mirano, di tutta evidenza, a ridare vigore al tariffario nazionale di cui al D.M. Sanità del 22.7.1996, in chiaro spregio al principio generale del giudicato, posto che il ridetto decreto era stato -com’è noto- annullato dal Consiglio di Stato.

Così dunque riducendo, sino a vanificare del tutto la possibilità di sindacato da parte delle Autorità giurisdizionali sugli atti amministrativi, finendo di conseguenza con il comprimere del tutto, nel senso di “sacrificarlo”, il diritto di difesa dei cittadini.

Niente di più “indegno” in uno Stato di diritto qual è il nostro.

Ed invero, pur non essendo preclusa alla legge ordinaria, sia di rango primario (alias statale) che secondario (alias regionale), la possibilità di attrarre nella propria sfera di disciplina oggetti o materie normalmente affidate all’autorità amministrativa (di qui, si ribadisce, la ratio delle c.d. “leggi-provvedimento”), vero è comunque che tale facoltà deve essere esercitata entro specifici limiti, primo fra tutti, quello del rispetto della funzione giurisdizionale (cfr. Corte Costituzionale, 13 luglio 2007, n. 267).

Del resto, con la nota pronuncia n. 374/2000, codesta Ecc.ma Consulta ha già avuto occasione di stigmatizzare l’intervento legislativo avente un’<<incidenza diretta ed esplicita sul giudicato>>, essendo vietato al Legislatore di <<intervenire per annullare gli effetti del giudicato>> o <<incidere intenzionalmente su concrete fattispecie sub iudice>> (cfr. Corte Costituzionale, sentenze n. 397/1994, n. 525/2000 e 282/2005).

In altri termini, con la pronuncia di rimessione in esame, il TAR Capitolino non ha dubbiato di legittimità costituzionale la facoltà del Legislatore di ridisciplinare una materia il cui atto amministrativo “regolatore” sia stato annullato da una pronuncia giurisdizionale coperta da giudicato, sì come invece la difesa della Presidenza del Consiglio dei Ministri vorrebbe lasciare intendere con la propria memoria del 4.9.2008 (cfr. paragrafo 2, pag. 5 memoria Pres. Cons. Min. cit.); bensì il potere del Legislatore medesimo di riportare in auge, a mezzo di leggi-provvedimento, proprio l’atto espunto dal mondo giuridico: nel caso che ci occupa il D.M. del 22.7.1996.

Di qui la certezza (e quindi ormai non il dubbio) della incostituzionalità dell’art. 1, comma 796, lett. o, della L. n. 296/2006 e dell’art. 33 della L.R. Puglia n. 10/2007, ss.mm.ii., per violazione degli artt. 24 e 113 Cost..

CON RIFERIMENTO ALL’ART. 41 COST..

Le disposizioni normative statale e regionale per cui è odiernamente lite confliggono altresì con l’art. 41 Cost., avendo imposto ai Laboratori privati transitoriamente accreditati tariffe <<senza dar conto della misura fissata>> (cfr. motivo 4.3.2.2. sentenza rimessione TAR Lazio, Roma, sez. III Quater, n. 12978/2007 cit.).

Appare, infatti, oltremodo irragionevole la previsione normativa dell’obbligo dell’applicazione di uno sconto, per di più nella misura del 20%, su tariffe risalenti ad oltre un decennio fa, <<non potendosi dubitare>> -come correttamente osservato dal Giudice remittente- <<del fatto che>>, col trascorrere degli anni, <<i costi dei fattori produttivi (si pensi, per tutti, alla remunerazione del personale) siano cresciuti, a volte sensibilmente>> (cfr. motivo 4.3.2.2. sentenza rimessione TAR Lazio, Roma, sez. III Quater, n. 12978/2007 cit.).

Ciò tanto più se si considera che con l’imposizione della suindicata scontistica il Legislatore (in primis quello statale) è finito con lo “screditare” la congruità delle tariffe dal medesimo approvate solo tre mesi prima con il D.M. 12.9.2006.

Né, a ragione di tale repentino revirement, può sostenersi, come tenta controparte, senza però convincere, l’invarianza e, men che meno, la riduzione dei costi di produzione a seguito dell’automazione e quindi dell’alta <<intensità tecnologica>> raggiunta dall’attività laboristica (cfr. paragrafi 1 e 3 memoria Pres. Cons. Min. cit.).

Trattasi, infatti, di circostanze, come pure precisato dal TAR Romano, che avrebbero dovuto risultare  <<da una compiuta istruttoria>>, tanto più necessaria nel caso di specie essendo intervenute, a disciplinare la res litigiosa “leggi-provvedimento” (per l’appunto, la L. n. 296/2006, con l’art. 1, comma 796, lett. o, e la L.R. Puglia n. 10/2003, con l’art. 33, ss.mm.ii. che, in questi termini, avrebbero potuto persino imporre sconti del 50%, piuttosto che del 70% o del 90%) contro le quali ai privati residua solo una tutela demolitoria -come dire- “mediata”, in quanto necessariamente condizionata dal giudizio costituzionale di rilevanza e di non manifesta infondatezza, come tale, assoggetta a logiche e tempistiche processuali diverse rispetto a quelle che sovrintendono ai processi amministrativi.

Per questo motivo, quanto al presente profilo di incostituzionalità, ci si affida al prudente apprezzamento di codesta Ecc.ma Corte Costituzionale che per vero si è già mostrata particolarmente sensibile ed attenta ai diritti ed agli interessi dei cittadini sottesi al tema.

Ed invero, con la nota pronuncia n. 548/1990, codesto Sovrano Consesso, pur riconoscendo all’intervento legislativo il potere di condizionare ed incidere i diritti dell’iniziativa economica privata, ha precisato che tale potestà non può tuttavia essere esercitata in maniera <<tale da condizionare le scelte imprenditoriali in grado così elevato da indurre sostanzialmente la funzionalizzazione dell’attività economica di cui si tratta, sacrificandone le opzioni di fondo e restringendone in rigidi confini lo spazio e l’oggetto delle scelte organizzative>>, (cfr. Corte Cost., sentenza n. 548/1990).

Di talché, il Legislatore statale e quello regionale, nel porre drasticamente mano alle tariffe da applicare alle prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale senza tener in alcuna considerazione le esigenze imprenditoriali delle Strutture private accreditate, sono incorsi in una plateale violazione dell’art. 41 Cost..

Ciò oltretutto, in quanto, il deprezzamento di tale attività derivante dall’art. 1, comma 796, lett. o, della L. n. 296/2006 e dall’art. 33 della L.R. Puglia n. 10/2007, ss.mm.ii., si pone, sotto detto profilo, in totale dicotonia con quanto sancito dall’antecedente logico e giuridico delle suindicate disposizioni normative, ossia l’art. 8 sexies del D. Lgs. n. 502/1992, ss.mm.ii., in forza del quale le prestazioni sanitarie erogate a carico del SSN devono essere remunerate <<in base al costo standard di produzione e di quote standard di costi generali, calcolati su un campione rappresentativo di strutture accreditate, preventivamente selezionate secondo criteri di efficienza, appropriatezza e qualità dell’assistenza>> (cfr. art. 8 sexies del D. Lgs. n. 502/1992, ss.mm.ii., cit.).

Niente di tutto ciò, come più volte detto, si è inverato nella fattispecie, a meno che l’intervento normativo non sia stato surrettiziamente volto a “provocare” la chiusura delle strutture laboristiche private, il che non tarderà ad accadere (per di più all’esito di un’eventuale pronuncia di costituzionalità delle norme di che trattasi), platealmente manifestandosi come vizio non meno “biasimevole” della denunciata formale mancanza di istruttoria per i profili già innanzi descritti.

Anche per questo motivo si insiste per la declaratoria della illegittimità costituzionale degli articoli di legge hodie in discussione.

CON RIFERIMENTO ALL’ART. 97 COST..

L’appena dedotta carenza di una compiuta istruttoria a supporto delle tariffe imposte dall’art. 1, comma 796, lett. o, della L. n. 296/2006 e dell’art. 33 della L.R. Puglia n. 10/2007, ss.mm.ii., testimonia dell’incostituzionalità delle suindicate norme per violazione anche dell’art. 97 Cost..

Ed invero, come acutamente osservato dal Giudice Remittente, ogni qual volta il Legislatore si ponga nei confronti dei privati in qualità di Amministratore, adottando così le c.d. “leggi-provvedimento”, egli è comunque tenuto a <<porre sempre a base del proprio operato un’adeguata conoscenza dei fatti, della quale deve dare conto nella motivazione del provvedimento terminale>>. <<Motivazione che naturalmentenel caso della legge può consistere anche nel richiamo, espresso o implicito, ai lavori preparatori o ad altri atti>> (cfr. TAR Lazio, Roma, sez. III Quater, sentenza di rimessone n. 12978/2007 cit.).

Nella vicenda in esame, invece, sia il Legislatore statale che quello regionale non hanno affatto appurato l’adeguatezza delle tariffe dai medesimi imposti ai costi che gli erogatori privati devono sopportare per mantenere invariato lo standard qualitativo delle proprie prestazioni anche al fine di non perdere l’accreditamento con il SSN; ma, quel che è peggio, il primo non si è neanche preoccupato di verificare l’impatto che la scontistica per cui è causa avrebbe avuto sulle tariffe in vigore in ciascuna Regione, ivi comprese, quelle in uso nella Regione Puglia, che, in astratto, ben avrebbero potuto essere già di per sé “basse” e, quindi, divenire, se ulteriormente scontate, antieconomiche, così come del resto è poi di fatto accaduto.

A riprova di ciò è sufficiente del resto osservare che, ancora oggi, non v’è alcuna prova documentale attestante l’analisi condotta dal Ministero della Salute all’esito della quale, a dire della difesa della Presidenza del Consiglio dei Ministri, sarebbe emersa l’attualità del sistema di remunerazione indicato dal D.M. del 1996 (cfr. paragrafo 6, pag. 9, memoria Pres. Cons. Min. cit.).

Ma lo “scollamento” del sistema tariffario imposto dall’ art. 1, comma 796, lett. o, della L. n. 296/2006,  e passivamente recepito dall’art. 33 della L.R. Puglia n. 10/2007, ss.mm.ii., dalla realtà di mercato in cui operano le Strutture “destinatarie” di dette leggi-provvedimento assume proporzioni macroscopiche se si considera che, per espresso volere del Legislatore statale, lo sconto sancito dalla Legge Finanziaria 2007 deve ritenersi <<fermo>>, nel senso di immodificabile, anche all’esito delle risultanze derivanti dall’elaborazione e dall’approvazione del piano di riorganizzazione della rete delle strutture pubbliche e private accreditate esercenti prestazioni specialistiche di diagnostica ambulatoriale demandato, dal secondo periodo della norma in parola, a tutte le Regioni, al fine dell’adeguamento degli standars qualitativi e di personale in coerenza con il ricorso a metodiche automatizzate.

Il che è assurdo oltre che sintomatico dell’inversione procedimentale posta altresì illegittimamente in essere nella fattispecie, atteso che, per logica e prima ancora per rispetto dell’affidamento dei cittadini nell’azione pubblica,  il Legislatore statale in primis avrebbe dovuto attendere prima gli esiti del suindicato procedimento di riorganizzazione e, successivamente, sulla scorta degli stessi, elaborare il nuovo sistema tariffario.

Solo così agendo, infatti, si sarebbe adottato un sistema di remunerazione delle prestazioni sanitarie satisfattivo sia dell’interesse pubblico al recupero dell’efficienza del sistema sanitario nel suo complesso ed al contenimento della spesa sia dell’interesse privato al giusto compenso a fronte dell’attività validamente resa.

Per questi motivi ed al fine di scongiurare il prevalere della ragione del portafoglio sulla politica del buon senso e quindi, più pragmaticamente, il proliferare di tariffe “calate dall’alto”, oltretutto recanti importi sempre più ridotti e, perciò, sempre meno adeguati a coprire i costi che le Strutture sanitarie devono sostenere per poter espletare la propria attività assistenziale, si insiste per la declaratoria di illegittimità costituzionale dell’art. 1, comma 796, lett. o, della L. n. 296/2006 e dell’art. 33 della L.R. Puglia n. 10/2007, ss.mm.ii., per violazione dell’art. 97 Cost..

Tanto, anche per far sì che pronunce di pregio come la nota decisione del Consiglio di Stato n. 1839/2001, con la quale il Governo è già stato “ammonito” per aver unilateralmente ed autoritativamente imposto, con il D.M. del 22.7.1996, tariffe non adeguate alla realtà di mercato, non divengano, come dire, “lettera morta”.

CON RIFERIMENTO ALL’ART. 32 COST..

Ma la rilevanza e la non manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale odiernamente al vaglio di codesta Ecc.ma Consulta è ancor più plateale se si considera che la politica del risparmio perpetrata dalle disposizioni normative qui dubbiate di costituzionalità non si traduce soltanto nella smoderata frustrazione dell’interesse delle Strutture private al ricavo di utili dalla propria attività imprenditoriale, al punto da indurre la maggior parte di queste ultime all’infelice opzione “chiusura dell’esercizio/tracollo finanziario”, ma anche nella ingiusta quanto arbitraria compressione del diritto alla salute e della libera scelta dei cittadini-utenti ex art. 32 Cost..

Ciò in quanto, alla volontà legislativa di ridurre i finanziamenti per le prestazioni di specialistica ambulatoriale rese in regime di accreditamento non può che immediatamente seguire, per ovvie esigenze di “sopravvivenza”, la contrazione dell’offerta di sanità da parte dei privati e, di riflesso, il congestionamento del settore pubblico, già di per sé incapace di far fronte alla sempre più crescente richiesta di assistenza sanitaria in pieno regime di concorrenza con il settore privato.

Un sistema sanitario basato sul deprezzamento dell’attività delle Strutture private, qual è quello designato dall’art. 1, comma 796, lett. o, della L. n. 296/2006 e dall’art. 33 della L.R. Puglia n. 10/2007, ss.mm.ii., è un sistema destinato a fallire.

La panacea contro le inefficienze e gli sprechi della Sanità italiana non è, infatti, il taglio ex abrupto delle risorse economiche da destinare alle prestazioni di specialistica ambulatoriale erogate dai privati (il solo supporre ciò è irrazionale se non addirittura puro “delirio”), semmai un uso oculato delle stesse e soprattutto premiale del grado di qualità dell’assistenza sanitaria offerta ai cittadini.

D’altronde, la Pubblica Amministrazione, ogni qual volta decide di accreditare una o più Strutture private, stabilendo altresì ogni anno il volume massimo di prestazioni che le stesse possono erogare a carico del FSN, in realtà non fa altro che ammettere essa stessa la necessità dell’ausilio degli operatori privati, i quali, pertanto, vanno adeguatamente remunerati, se non altro perché, si ribadisce, senza di essi le Strutture pubbliche non sarebbero assolutamente in grado di fronteggiare la domanda di sanità avanzata dai cittadini.

Pure per questo motivo, quindi, si invoca la declaratoria di illegittimità costituzionale delle disposizioni normative statale e regionale per cui è lite.

CON RIFERIMENTO ALL’ART. 117 COST..

L’avvenuto riconoscimento della potestà legislativa concorrente tra Stato e Regioni in materia di tariffazione delle prestazioni sanitarie rese in regime di accreditamento impone, infine, la gradualità del sistema delle fonti che, invece, di tutta evidenza nella vicenda in esame risulta essere stata completamente “stravolta”.

Ed invero, il Legislatore costituzionale, riformando il Titolo V della Carta Fondamentale e, in particolare, l’art. 117 Cost,. ha inteso disciplinare le materie soggette alla legislazione Stato-Regioni, mediante un sistema di “concorso vincolato tra fonti”, per cui le leggi statali sono soggette a vincolo negativo (ovvero non possono recare altro che norme di principio), mentre le leggi regionali sono soggette a vincolo positivo (ovvero non possono disattendere le norme statali di principio).

Tanto, al chiaro fine di assicurare in linea generale una uniformità di trattamento ai cittadini destinatari delle stesse, senza però trascurare le precipue realtà socio-economico-finanziarie locali.

Il tenore letterale dell’art. 1, comma 796, lett. o, della L. n. 296/2007 rivela, al contrario, un grado di pervasività tale da impedire alle Regioni, come di fatto all’indomani della sua entrata in vigore è accaduto, di poter esercitare la propria potestà normativo-regolamentare nel senso di cui innanzi.  Pervasività, invero, tanto più evidente se si considera che, per effetto del D.M. del 12.9.2006, gli eventuali importi tariffari eccedenti quelli stabiliti dal Legislatore statale dovrebbero gravare sui bilanci regionali.

In altri termini, lo Stato, “facendo leva” sulla situazione finanziaria deficitaria in cui notoriamente versano le Regioni in ambito sanitario, è finito “argutamente” con il costringere i ridetti Enti, ivi compresa la Regione Puglia, ad “abdicare” in favore dei criteri di remunerazione dal medesimo imposti.

Dal testo di detto articolo di legge (<<le strutture private accreditate, ai fini della remunerazione delle prestazioni rese per conto del Servizio sanitario nazionale, praticano uno sconto pari al 2 per cento degli importi indicati per le prestazioni specialistiche dal decreto del Ministro della sanita' 22 luglio 1996, pubblicato nel supplemento ordinario n. 150 alla Gazzetta Ufficiale n. 216 del 14 settembre 1996, e pari al 20 per cento degli importi indicati per le prestazioni di diagnostica di laboratorio dal medesimo decreto>>) non si evincono, infatti, criteri di massima a cui le Regioni dovrebbero ispirarsi per regolamentare il proprio sistema tariffario, bensì il seguente perentorio “editto”: <<al tariffario vigente nella sua globalità>> deve essere <<applicato lo sconto del 20% o del 2%>> (cfr. TAR Lazio, Roma, sez. III Quater, sentenza rimessione n. 12978/2007 cit.).

Il che è ictu oculi ben lontano dai toni di cedevolezza tipici della normazione sussidiaria dello Stato ex art. 117 Cost., quale vorrebbe essere la disposizione normativa finanziaria qui dubbiata di costituzionalità.

Né, a ragione del contrario, giova da subito chiarire, può sostenersi che la Regione Puglia, prevedendo all’art. 33 della L.R. n. 10/2007, nel testo modificato dalla successiva L.R. n. 16/2007, che: <<fino all’emanazione dei nuovi livelli di assistenza (LEA), per il periodo compreso tra il 1° gennaio e la data di approvazione del DIEF … le tariffe relative>> alle prestazioni di laboratorio <<sono quelle riportate nel nomenclatore tariffario regionale delle prestazioni specialistiche di patologia clinica indicata nell’allegato A) della deliberazione di Giunta regionale n. 3784 del 22 settembre 1998, alle quali si applica lo sconto del 20 per cento previsto dall’articolo 1, comma 796, lettera o), della legge 27 dicembre 2006, n. 296 …>> si sia -come dire- “ritagliata” all’interno del “dictat” di cui all’articolo della Legge Finanziaria 2007 appena citato, il suo “spazio legislativo”, ritenendosi così “abilitata” a rideterminare  nel dettaglio le proprie tariffe.

A ben vedere, infatti, con la suindicata disposizione normativa la Regione Puglia si è limitata ad introdurre nel proprio ordinamento la scontistica nella misura come innanzi impostale dall’art. 1, comma 796, lett. o, della L. n. 296/2006, riservandosi di decidere in un secondo momento e, più precisamente, in fase di adozione del Documento di Indirizzo Programmatico relativo all’anno 2007, la misura delle tariffe da applicare alla specialistica ambulatoriale.

Così incorrendo in tutte le eccezioni di incostituzionalità innanzi sollevate,  ivi compresa, anche se per diverso motivo, quella di cui all’art. 97 Cost., atteso che, come giustamente osservato dal TAR Romano, appare in contrasto con i canoni dell’imparzialità e del buon andamento l’intervento legislativo che: <<affida senza apporre alcun termine ad un futuro documento la fissazione di nuove tariffe>>, non prevedendo altresì <<alcun meccanismo di regolazione tra le tariffe provvisorie e quelle che eventualmente avrebbero dovuto essere fissate, per cui identiche prestazioni nel 2007 potrebbero trovare una diversa remunerazione non in considerazione della loro oggettiva entità, ma per la solo casuale collocazione temporale della loro effettuazione nell’ambito del medesimo anno>> (cfr. TAR Lazio, Roma, sez. III Quater, sentenza rimessione n. 12978/2007 cit.).

Pure per queste ragioni, quindi, si insiste per la delibazione della incostituzionalità dell’art. 1, comma 796, lett. o, della L. n. 296/2006 e dell’art. 33, L.R.  Puglia, ss.mm.ii., per violazione dell’art. 117 Cost., anche in combinato disposto con l’art. 97 Cost.

CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE

Tutto quanto sin qui detto dimostra l’assoluta fondatezza del dubbio di costituzionalità sollevato dal Giudice remittente, nonché l’importanza, sul piano degli effetti, della pronuncia che codesta Sovrana Corte Costituzionale andrà ad assumere a definizione dell’odierna querelle.

Dall’esito del presente giudizio, infatti, dipenderanno le sorti del SSN e, in particolare, del settore sanitario privato, atteso che la res litigiosa per cui codesta Ecc.ma Consulta è stata adita non afferisce, come è già più volte accaduto in passato, la costituzionalità o meno di leggi-provvedimento impositive di volumi massimi di prestazioni e/o di tetti economici invalicabili, a fronte delle quali le Strutture private transitoriamente accreditate possono comunque esercitare, anche se in maniera oggettivamente “affievolita” e con notevoli sforzi, il proprio diritto a svolgere liberamente la propria attività imprenditoriale, adeguando, ad esempio,  l’organizzazione della stessa alle risorse economiche disponibili del FSR, bensì la costituzionalità o meno dell’“imposizione” normativa di tariffe misurate con il solo “metro del risparmio”, in relazione alle quali il privato può solamente scegliere di rimanere nel mercato lavorando sottocosto, compiendo così un vero e proprio “stillicidio” finanziario, o, in alternativa, cessare la propria attività (?!).

In buona sostanza, hodie codesto On.le Consesso è chiamato a decidere se l’interesse pubblico al contenimento della spesa sanitario è costituzionalmente più rilevante del diritto dei privati alla libera iniziativa economica ed imprenditoriale e, di riflesso, del diritto alla salute ed alla libera scelta dei cittadini, al punto da ritenere questi ultimi sempre,  comunque e in qualsiasi modo “sacrificabili” in nome del primo e, conseguentemente, ammissibili interventi legislativi, alla stregua di quelli per cui è causa, estremamente limitativi se non addirittura proibitivi del libero circuitare della fornitura di prestazioni sanitarie da parte degli erogatori privati, e perciò stesso palesemente anticoncorrenziali a discapito anche della salute dei cittadini.

P.Q.M.

si chiede che, in accoglimento della spiegata eccezione, vengano dichiarati costituzionalmente illegittimi l’art. 1, comma 796, lett. o, della L. n. 296/2006 e l’art. 33, L.R.  Puglia n. 10/2007, nel testo novellato dalla L.R. Puglia n. 16/2007, con ogni conseguenza di legge.

Roma, 23 gennaio 2009

                                                            avv. Maria Cristina Lenoci