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COMMISSIONE XII
AFFARI SOCIALI
Resoconto stenografico
AUDIZIONE
Seduta di martedì 6 dicembre 2011
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIUSEPPE PALUMBO
La seduta
comincia alle 14,15.
Audizione
del Ministro della salute, Renato Balduzzi, sulle linee programmatiche
del Governo in materia sanitaria.
RENATO
BALDUZZI, Ministro della salute.
Le firme, come gli esami, non finiscono mai.
Io sono grato di questo invito, per il quale ringrazio il presidente
della Commissione e tutti voi. Spero che sia l'inizio di un proficuo
cammino di lavoro insieme. Naturalmente, non spetta a me ipotizzare
quanto durerà. Posso, però, assicurarvi - tornerò su questo punto alla
fine di questo breve intervento - la disponibilità piena a costruire
insieme i percorsi ritenuti migliori per un'ulteriore conferma del
nostro servizio sanitario nazionale.
Vorrei iniziare quindi il mio intervento proprio da questo aspetto. Non
credo di dire nulla di nuovo se pongo a premessa complessiva del mio
impegno di questo periodo proprio lo sforzo, l'intenzione di rafforzare
nelle strutture, nella consapevolezza comune, nella motivazione degli
operatori, di tutti coloro che si muovono all'interno, il servizio
sanitario nazionale.
È una grande opportunità e una grande ricchezza per il nostro Paese.
Rappresenta, probabilmente, uno dei settori all'avanguardia del nostro
Paese. Si cerca di raggiungere poi in altri comparti, anche se con
maggiore lentezza, gli stessi obiettivi che si cerca di raggiungere nel
servizio sanitario nazionale. Potrei farvi di un lungo elenco di questi
settori, che non faccio perché, data l'autorevolezza della Commissione,
esso è ben presente a ciascuno di voi. Tuttavia, dalla regionalizzazione
all'aziendalizzazione, alla valutazione dell'attività dei risultati,
degli esiti, alle ECM, si tratta di una lunga la fila di
issue, di oggetti sui
quali il servizio sanitario nazionale si pone all'avanguardia. Questo è
riconosciuto anche fuori dal nostro Paese.
Che sia un buon servizio sanitario nazionale non vuol dire che non sia
migliorabile e forse la sua buona qualità è dovuta proprio al fatto che
nel tempo è stato assoggettato periodicamente a iniziative di
miglioramento che io, più modestamente, chiamerei, almeno per quanto
attiene allo sforzo che dovrebbe competere al Governo presieduto dal
Presidente Monti, un complesso di interventi di manutenzione delle
regole e della loro attuazione.
Queste regole non sono tutte di rango legislativo perché ne esistono di
carattere sublegislativo, in particolare regolamentare. Questo potrebbe
significare dare priorità ad alcuni profili. Il primo, al quale so che
la Commissione ha lavorato molto e, per quanto nella mia competenza,
appoggerò e sono a disposizione per completare in fretta l'iter del
lavoro della Commissione, è il tema della trasparenza delle decisioni
politiche in sanità.
È fuor di dubbio, almeno dal mio punto di vista, che in un sistema
sanitario regionalizzato e con l'impatto che la sanità ha sui bilanci
regionali, la nomina fiduciaria dei direttori generali delle aziende
resti un punto fermo. Nomina fiduciaria non vuol dire, tuttavia,
mancanza di trasparenza, o non assoggettamento a rigorosi requisiti. Su
questo esiste sicuramente un impegno pieno.
Potremmo dire che un secondo profilo in materia di regole riguarda le
relazioni tra i professionisti e i pazienti. Anche in questo caso so di
andare su un terreno ben noto ai presenti. In particolare, credo sia
venuto il momento di cercare di mettere qualche punto fermo in ciò che
viene definito come il problema della medicina «difensiva».
La medicina «difensiva», passiva, ma soprattutto quella attiva, ha
infatti impatto sul sistema dell'equilibrio economico-finanziario; sia
l'attiva sia la passiva hanno un impatto pesante in termini di tutela
della salute e hanno - di nuovo, soprattutto quella attiva - anche sulla
programmazione del sistema. Basta pensare alla diversa attrazione di
questa specialità medica o di un'altra proprio in ragione di problemi
essenzialmente attinenti alle preoccupazioni di conseguenze giuridiche
negative.
Infine, sulle regole c'è sul tappeto il problema del completamento
dell'iter dei nuovi LEA. Parliamo di regole perché si tratta di un
regolamento, benché la dottrina discuta, ma non è questo il luogo per
stabilire di che atto normativo si tratti. È certamente un atto
normativo che ha un contenuto, in parte tecnico-professionale e in parte
tecnico-giuridico, che si tratta di portare alla conclusione. Non si
tratta di un provvedimento che formalmente e direttamente debba essere
discusso in questa sede, ma su di esso chiederei comunque il conforto e
il confronto in questa Commissione.
Non credo sia tecnicamente possibile seguire l'ipotesi avanzata in
questi anni - sono ormai tre anni e mezzo che i cosiddetti nuovi LEA
galleggiano con relativa larga messe di discussioni - di immaginare
l'individuazione di emergenze più importanti, come l'epidurale, le 109
malattie rare, alcuni profili della disabilità, l'appostamento dei nuovi
LEA solo su questi perché il ragionamento, specialmente in questa fase
di risorse problematiche, deve essere sempre complessivo.
D'altra parte, le circa 6 mila prestazioni comprese nei LEA hanno
bisogno di una flessibilità interna. Qualcosa che esce in quanto
obsoleto, perché divenuto costoso, inutile, e qualcosa entra. Alla fine,
i saldi devono essere corretti, ma questo è un impegno importante e, a
mio avviso, prioritario. Non si tratta, infatti, solo della pressione di
tutti coloro che da tre anni e mezzo aspettano, ma proprio della logica
del sistema del monitoraggio e di questo aggiornamento periodico dei
LEA. Non farlo non significa semplicemente omettere un compito previsto,
ma toccare il sistema stesso.
Per quanto riguarda, invece, gli interventi di manutenzione che riguarda
l'attuazione delle regole, credo che si dovrebbe cogliere l'occasione
importante di quello che viene chiamato federalismo fiscale, che ha una
lunga storia. Per la prima volta, infatti, si è parlato di federalismo
sanitario ormai dodici anni fa, nell'articolo 19-ter
del decreto legislativo n. 502 del 1992, come modificato dal decreto
legislativo n. 229 del 1999, da dove parte tutto il percorso che
conoscete benissimo dei piani di rientro e che porta fino a oggi.
Il federalismo fiscale, se inteso bene, aiuta molto il sistema sanitario
perché è coerente con lo sforzo che in questi anni il sistema sanitario
ha compiuto. C'è, tra riforma costituzionale del 2001 e l'assetto del
sistema sanitario, un parallelismo che bisogna mettere a tema.
Un secondo punto di questa manutenzione dell'attuazione riguarda - lo
dico come riesco - il rapporto più equilibrato tra il tavolo
dell'articolo 9 e quello dell'articolo 12 del Patto per la salute, cioè
tra il momento dell'individuazione, monitoraggio e verifica della
prestazione dei livelli di assistenza e il momento dell'inevitabile
equilibrio economico-finanziario. Un maggiore bilanciamento e intreccio
tra questi due momenti mi sembra importante e questo, più che di regole,
è un problema di attuazione delle stesse. Ancora con riferimento
all'attuazione - ma è all'attenzione di tutti - la circostanza per cui
il decreto-legge cosiddetto salva Italia attualmente in discussione, non
contiene previsioni attinenti all'equilibrio economico-finanziario
specificamente rivolte alla sanità non significa che il nostro compito
non sia importantissimo. Abbiamo, infatti, davanti a noi la scadenza del
30 aprile 2012 per l'attuazione della manovra estiva e all'interno del
nuovo Patto per la salute 2012-2014 tutte le problematiche più
importanti, l'equità, la trasparenza, l'omogeneità della
compartecipazione, il controllo sull'acquisto di beni e servizi,
l'omogeneità delle procedure e, più in generale, tutto quello che può
consentire a un sistema sanitario necessariamente differenziato di
funzionare al meglio, troverà e comincia già da questi giorni a trovare
attuazione.
Comincia un percorso che, evidentemente, coinvolge Ministero della
salute e regioni - concludo su questo - ma nell'ottica che,
personalmente, preferisco e che mi sembra imposta dalla complessiva
situazione del Governo di cui faccio parte, che non a caso ha visto ieri
un passaggio nelle Aule parlamentari di questo importante decreto-legge,
intenderei muovermi, presidente, in maniere analoga, se è lecito
paragonare questioni più piccole a questioni più grandi. Quello tra
Ministero della salute e regioni, infatti, non è un rapporto bilaterale,
ma deve essere per forza un rapporto triangolare che vede Ministero
della salute, regioni e Commissioni parlamentari. Dovremo trovare
insieme le modalità di questo lavoro. Vi ringrazio per l'attenzione.
- omissis-
VINCENZO D'ANNA.
Signor Ministro, la ringrazio di averci voluto illustrare il suo
programma di massima. Voglio annunciarle la massima attenzione del
gruppo di Popolo e Territorio che già in Aula si è espresso a favore dei
provvedimenti illustrati dal Presidente del Consiglio, ma ci sono due
difficoltà oggettive.
Lei non ha molto tempo davanti a sé, noi non abbiamo vincoli di
maggioranza, per cui voi dovreste essere molto veloci nel proporre gli
obiettivi che volete raggiungere, noi dovremmo essere molto convinti
dalla bontà delle vostre proposte. Vi do atto, dunque, di questa
ulteriore difficoltà, del fatto che non godrete di una franchigia
politica dove molto spesso il vincolo di maggioranza ci ha indotto a
votare misure che non ci convincevano.
Datole atto di questa ulteriore difficoltà, poiché il tempo che si para
davanti al Governo è al massimo di un anno e mezzo, mi permetterei di
suggerirle non tanto di avventurarsi in una serie di nuove leggi e di
nuove proposte, quanto di procedere con un lavoro oscuro ma prezioso,
quello del mediano, cioè di far applicare le leggi e i regolamenti che
oggi esistono, di chiedere a una sanità disastrata dai debiti di
applicare correttamente le leggi per il pagamento a DRG dei comparti
pubblico e privato, di pagare a tariffe tutte le prestazioni, sia quelle
emesse dalla gestione statale sia quelle della gestione accreditata.
Possiamo, infatti, parlare di tagli e io sono d'accordo con l'onorevole
Miotto, ma il primo finanziamento è quello che non consente a nessuno di
sperperare il danaro, soprattutto quando questo è un bene scarso. Le
sottopongo, allora una questione che lei già conosce. Ho sentito molti
teorici parlare con belle parole riguardo ai LEA, di garantire
l'assistenza: credo che la prima delle riforme sia quella di applicare
correttamente le leggi che già esistono perché non c'è più grande
ingiustizia che fare parti eguali tra diseguali, come diceva don Lorenzo
Milani. Continuo a non capire da operatore sanitario, da parlamentare,
da cittadino, perché l'ospedale debba essere pagato a piè di lista
ancorché una legge dello Stato imponga tassativamente che quell'ospedale
sia pagato secondo i DRG così come questi sono previsti nella legge
medesima, perché si debba continuare a concedere una franchigia a ciò
che gestisce lo Stato direttamente mentre altri comparti sono costretti,
loro malgrado, a stare all'interno di un costo predeterminato e a
garantire i livelli di qualità e di efficienza che molto spesso la parte
pubblica non garantisce.
Le fornisco anche un dato che credo Fulvio Moirano potrà fornirle meglio
di me: l'82 per cento delle strutture ambulatoriali pubbliche sono prive
del decreto di apertura e di funzionamento all'esercizio, sono quindi
prive dei requisiti minimi organizzativi, strutturali, tecnologici e di
personale. È una vergogna nazionale, una specie di patto tra consorterie
stataliste che denega questo fatto di assoluta evidenza.
Convochi una Commissione d'inchiesta, disponga della collaborazione dai
NAS. Non è possibile che il cittadino non debba godere delle stesse
garanzie sulla qualità e sull'ottimale erogazione delle prestazioni solo
perché si rivolge a una struttura statale ritenuta consustanziale alle
strutture statali o regionali e, come tale, gode di una liceità non
consentita né dalla legge né dal buonsenso.
Voglio aggiungere qualcosa altrimenti qua dentro diciamo tutti le stesse
cose. A me hanno insegnato che la verità è un po' come un coltello senza
lama, da qualsiasi parte la si prende deve ferire qualcuno. Ovviamente,
io non sono il depositario della verità, ma vi dico la mia verità,
quello che altri, invece, tacciono. Va chiarito, infatti, che è vero che
la modifica del Titolo V della Costituzione ha dato la potestà alle
regioni di organizzare il servizio sanitario, ma nessuna regione ha la
potestà di ignorare le leggi dello Stato, di non tener conto che è lo
Stato a finanziare il servizio. Non è possibile, signor Ministro che per
compiacenze politiche, non mi interessa se di destra o di sinistra, la
regione Campania abbia maturato ben 10 miliardi di euro di debito senza
che nessuno abbia pagato il fio di questo sfondamento, certo non
imputabile a quelli che lavorano già a tariffa e con dei tetti di spesa
predeterminati.
Se dobbiamo costruire una sanità, dobbiamo costruirla sulla certezza del
costo e dell'efficienza della struttura che eroga certamente una
prestazione di qualità. Al di fuori di queste regole, che competono allo
Stato, che finanzia e non c'è delega organizzativa che tenga, non
possiamo stare a guardare gli orizzonti e a fare grandi parole.
La invito, allo stesso modo, ad affrancarsi dalla tutela asfissiante
esiziale del Ministero dell'economia e delle finanze. Se tutte le
regioni devono passare per il nodo scorsoio del tavolo Massicci, che
impone finanche, in difformità alla legge dello Stato, criteri di
programmazione fallimentare e di per se stesso foriere di ulteriore
debito, facciano fare il ministro a Francesco Massicci, con tutto il
rispetto che le è dovuto.
La invito anche a portare a termine i progetti di legge che questa
Commissione ha già lodevolmente approvato sulla sperimentazione clinica
e su altre questioni, infatti un altro degli elementi che lasciano il
tempo che trovano perché i ministri inutilmente sia affardellano e si
avvicendano in una sorta di «ping pong». Oltretutto, il progetto sulla
sperimentazione clinica riguarda anche una rivisitazione delle
professioni sanitarie.
Si faccia promotore e solleciti l'approvazione alla Camera del
provvedimento sul governo clinico e garante a far sì che il Senato
approvi senza ulteriori modifiche quello che già ottimamente la Camera,
su preventivo esame del Senato, ha già fatto. Porti loro l'invito che le
faccio alla concretezza, lasci perdere gli ECM, i LEA, i massimi
sistemi, si rimbocchi le maniche e metta ordine in un sistema sanitario
che ha un sistema di contabilizzazione che non consente ai centri di
costo pubblico di calcolare il costo della prestazione, ma solo quello
del servizio. Modifichi questo andazzo. Faccia in modo che i direttori
generali, quasi tutti di nomina politica, una vergognosa esperienza che
non trova alcuna eccezione in Italia, di qualsiasi segno siano le
amministrazioni, rispondano da una perfetta analisi dei centri di costo,
ma con un programma che possa rilevare correttamente il costo della
prestazione e non solo il costo del servizio.
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